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NEL CUORE DELLA TEMPESTA, IL NAPOLI DIVENTA LEGGENDA!

  • Immagine del redattore: Rosario Caracciolo
    Rosario Caracciolo
  • 5 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min
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Di fronte agli infortuni, alle pressioni e a un calendario che non perdona, il Napoli ha mostrato ciò che distingue una squadra forte da una squadra straordinaria: la capacità di trasformare ogni difficoltà in benzina. La vittoria contro la Juventus di Spalletti è solo l’ultimo capitolo di un racconto che sta assumendo i contorni dell’epopea, con un gruppo capace di ricomporsi, reinventarsi e schiacciare avversari che sulla carta avrebbero dovuto approfittare delle fragilità azzurre.


IL MURO AZZURRO E LA NUOVA ANIMA DEL CENTROCAMPO

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Passati al 3-4-3, gli uomini di Conte rischiano poco, anzi pochissimo. Davanti a un Milinkovic-Savic monumentale, arrivare è ormai un’impresa. Anche contro i bianconeri, eccezion fatta per il lampo di Yildiz favorito da un generoso Buongiorno, il Napoli ha tenuto il campo con autorità schiacciante. Senza Lobotka, è spuntata la classe totale di Elmas, capace di colmare ogni vuoto tecnico e mentale del centrocampo. Non un semplice jolly, ma un giocatore universale, raffinato, imprescindibile.

Accanto a lui, McTominay dirige metri e avversari con la calma dei grandi: un “Hurricane” in giacca da regista, autoritario e sereno, come quei leader che non hanno bisogno di urlare per farsi rispettare.


LE ALI DEL DOMINIO E IL RISVEGLIO DEL BOMBER


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Sulle fasce, Lang, Olivera e soprattutto Neres hanno demolito l’impianto tattico di Spalletti, che ha scelto una delle sue storiche “spallettate” proprio nella notte sbagliata. Raddoppi continui, duelli vinti ovunque, bianconeri mandati fuori giri: la trance mistica di Neres sta diventando uno spettacolo misto tra calcio, poesia e arti marziali.

E poi Rasmus Hojlund, che aveva un conto con la porta: ne sono arrivati due. Due gol pesanti, due graffi da centravanti vero. Il danese non è più solo prospettiva: è presente, futuro e patrimonio. Un “nove” moderno e feroce, che Conte sta scolpendo come un maestro di bottega alle prese con un marmo perfetto.


IL CONTRACCOLPO DI SPALLETTI E LA RISPOSTA DEL MARADONA


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Nel dopo gara, le parole di Spalletti hanno lasciato perplessi. Il tecnico toscano, ancora avvelenato nei confronti di De Laurentiis, ha rivendicato meriti e introiti, dimenticando però un dettaglio enorme: se Napoli gli aveva dato così tanto, perché non restare? Perché scegliere l’addio più incomprensibile degli ultimi anni? La storia, però, non si riscrive nei microfoni: e il Maradona lo ha capito prima di tutti.

Perché il Maradona è tornato fortino: un anno intero senza sconfitte. Come una cattedrale calcistica eretta a memoria di un gruppo che non cede, non vacilla, non abbassa mai lo sguardo. E qui si inserisce l’altra faccia dell’epica: i ragazzi come Vergara, che entrano senza tremare; i veterani come Di Lorenzo, che risorgono quando conta; gli indistruttibili come Scott, corridore infinito anche con un fastidio che avrebbe piegato chiunque.


CONTE, IL SARTO DI UN’OPERA MAESTRA


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Otto a Conte: non un voto, ma un riconoscimento. Ha spezzato, ricucito, ridisegnato. Ha preso un gruppo ferito e lo ha convinto che poteva diventare una corazzata. Lo ha fatto nel silenzio di tre giorni di riflessione, che oggi sembrano l’antro in cui nasce un esercito indistruttibile.

De Laurentiis osserva e approva: mercato aperto, rinnovo in arrivo. Conte è l’uomo della rinascita, e ora anche il presidente prepara il suo tributo.


IL DUELLO CHE VERRÀ


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Il campionato si sgrana, le rivali franano: la Roma cede, il Como affonda, la Juventus abdica. Resta l’Inter, la nemica perfetta, il duello eterno. Poi il Milan, in cerca di conferme. Ma la sensazione è chiara: il Napoli è entrato nella sua dimensione superiore.

È diventato ciò che la sua natura gli impone: una squadra che lotta, resiste, schiaccia. Una squadra col cuore come motore e la mentalità come armatura.

Il Napoli non vince: persiste.

 E persistere, nel calcio, è la forma più alta di grandezza.

 
 
 

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