Napoli, Scivolone a Torino ma la fede Resta Intatta
- Rosario Caracciolo

- 20 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Il Napoli di Antonio Conte cade al Grande Torino contro i granata di Marco Baroni, una vera e propria bestia nera per il tecnico salentino, che contro di lui incassa la quarta sconfitta in cinque gare. Una caduta che pesa, inutile negarlo, ma che va letta con equilibrio, perché non tutto ciò che brucia va interpretato come disfatta.
Il 4-3-3 “camuffato” del tecnico azzurro non ha funzionato come nelle ultime uscite: squadra contratta, gioco spezzettato, pressing intermittente. La prima mezz’ora è stata la fotografia di un Napoli troppo impreciso e frenetico, che pur creando qualcosa non ha avuto la lucidità di colpire. In avanti, Lorenzo Lucca è parso spaesato, ancora lontano da quella intesa che serve per far girare il motore offensivo. Giovane, volenteroso, ma tatticamente grezzo: la Serie A, soprattutto a certi livelli, non aspetta nessuno.
Le assenze di Holjund e McTominay, fuori all’ultimo per problemi fisici, hanno complicato i piani di Conte, costretto a ridisegnare la mediana con Gilmour e Anguissa, mentre De Bruyne ha alternato momenti di classe a errori banali. Nel secondo tempo, il tecnico ha provato a cambiare l’inerzia inserendo Noa Lang, Politano, Elmas e il giovane Ambrosino, ma l’inerzia della gara non è mutata. Il palo di Politano e il gol annullato a Lang restano il simbolo di una serata storta, dove anche la sorte ha girato le spalle.

Eppure, ridurre questa sconfitta a una “battuta d’arresto tecnica” sarebbe troppo facile. C’è chi ha voluto vedere in questa partita i limiti di Conte, chi ha gridato al caos tattico, chi – da Nord – ha persino ironizzato sulle scuse di Gilmour dopo l’errore sul gol di Giovanni Simeone. Ma ancora una volta, emerge la solita arroganza di una critica settentrionale che non sopporta la sincerità e la passione partenopea.

Il Napoli ha perso, sì. Ma non ha smarrito la propria identità. Lo ha detto anche il baronetto di Posillipo, Gianni Improta, una bandiera vera, uno che parla di calcio con cuore e competenza. Le sue parole, limpide come il mare di Posillipo, pesano più di mille analisi: «Il Napoli, dopo Torino, vincerà il quinto scudetto.» Un pensiero che condivido pienamente. Perché la mentalità c’è, la struttura c’è, e la voglia pure. Gli errori? Certo, da correggere. Ma il percorso resta quello giusto.

Chi punta il dito contro Conte dimentica che sono arrivati nove nuovi giocatori, molti dei quali da formare e mentalizzare. Non sono campioni già fatti, ma materiale su cui costruire. È un lavoro lungo, complesso, che richiede tempo, fiducia e compattezza. La stagione è appena iniziata, e il tecnico ha già dimostrato che il suo metodo paga sempre: rigore, disciplina, carattere.
Ecco perché l’invito è uno solo: non cadere nel tranello della destabilizzazione. Il vero nemico non è il Torino, né l’avversario di turno. Il vero rischio è interno, è la frenesia di chi cambia giudizio a ogni risultato. Non si può essere eroi un giorno e disfattisti il successivo. La squadra ha margini di crescita enormi, ma va sostenuta, non logorata.

Un plauso, va detto, va anche al presidente Aurelio De Laurentiis, che in un calcio corrotto e dopato dai debiti ha mantenuto i conti in ordine, portando il Napoli in alto per vent’anni. Tuttavia, il salto europeo richiede strutture, organizzazione e, soprattutto, uno stadio di proprietà. È lì che si misura la vera modernità di un club.
Sul piano tecnico, restano da rivedere alcune scelte. Olivera lontano parente di sé stesso, Di Lorenzo stremato e senza ricambio, Neres intermittente, Gilmour confuso nel ruolo. Ma questi sono dettagli che Conte conosce bene, e che correggerà con la durezza che gli è propria. A Eindhoven, contro il PSV, mancheranno Holjund e McTominay, ma il Napoli andrà in campo con fame e orgoglio.
Pensiero finale di Rosario Caracciolo (ilgiornalistatifoso.it)

Il Napoli ha perso una battaglia, ma non la guerra. Chi pensa di aver visto la fine del progetto Conte, si illude. Il vero Napoli nascerà proprio da queste cadute. Perché nel dolore c’è crescita, e nella critica c’è energia. Chi oggi punta il dito dimentica che lo scudetto si vince con equilibrio, compattezza e coraggio. Il tecnico salentino saprà far tesoro degli errori, e presto – molto presto – vedremo tornare in campo quella squadra feroce, disciplinata e fiera che tutta Napoli ama.
E a chi, da Milano o Torino, si permette di ironizzare, una sola risposta: la napoletanità non si compra, si vive. E noi, fratello mio, la viviamo ogni giorno.💙







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