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Napoli, Rialzati! È il momento di Guardarsi Dentro!

  • Immagine del redattore: Rosario Caracciolo
    Rosario Caracciolo
  • 10 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

di Rosario Caracciolo – ilgiornalistatifoso.it

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Il temporale è passato, ma l’acqua continua a scendere. Sul Napoli è piovuto di tutto: critiche, dubbi, sconfitte, frasi ambigue e mezze verità. Dopo il tonfo di Bologna, il quinto in quattro mesi, non si può più parlare di episodi. È un campanello d’allarme che suona forte, quasi assordante, e che chiede una sola cosa: risposte...DA TUTTI!!!!




La squadra di Antonio Conte non è più quella macchina feroce che divorava avversari e partite. Oggi appare lenta, imprecisa, svuotata. In campo, la luce che guidava Hojlund, Politano, Elmas, McTominay e compagni sembra spenta. Persino la certezza di un tempo, Di Lorenzo, è apparsa smarrita davanti alle incursioni di Cambiaghi e al cinismo di Dallinga. Due gol subiti come copie sbiadite dello stesso errore. Eppure, il Bologna aveva perso Skorupski dopo pochi minuti, inserendo il giovane Pessina: occasione d’oro, buttata via come neve al sole.


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Non è questione di moduli. Non è il 4-1-4-1 o il 3-5-2 a far la differenza. È la testa, il cuore, la convinzione. Conte lo sa, e infatti lo ha detto: “Non riesco a entrare nella testa dei calciatori”. Una frase che pesa come un macigno. Ma se davvero è così, serve uno scossone. Perché una squadra che non crede più nel proprio allenatore, o che ha smarrito la propria anima, non va da nessuna parte.


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Eppure il materiale umano non manca: Noa Lang e Neres sono talenti veri, pagati come tali, ma finiti ai margini. Lucca non trova spazio né fiducia, e il centrocampo, un tempo motore di tutto, ora gira a vuoto. Forse l’equilibrio si è spezzato nel punto più delicato: quello tra la vecchia guardia e i nuovi arrivati. Tocca alla società, e quindi a De Laurentiis e Manna, capire dove intervenire. Se serve alleggerire i carichi, si faccia. Se serve mediare tra spogliatoio e panchina, si faccia. Ma non si può restare fermi.


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Perché non tutto è perduto. La classifica non condanna, ma ammonisce. È come un filo sottile che ancora tiene il Napoli aggrappato all’obiettivo. C’è bisogno di anima, di amor proprio, di quello sguardo che non si abbassa mai. Il pallone, come la vita, non perdona chi si arrende, ma premia chi reagisce.


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Queste due settimane di sosta devono essere un laboratorio d’anima, prima ancora che tattico. Conte dovrà ritrovare la sua squadra, e la squadra dovrà ritrovare il suo allenatore. Nessuno si salva da solo, ma tutti insieme si può rinascere.

 Perché lo Scudetto cucito sul petto non è un ricordo lontano: è un promemoria di ciò che questo gruppo sa essere quando decide di essere squadra.

 Ed è ora di ricordarlo.!!!!

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